Colella Vincenzo

 
Colella Vincenzo

nato nel 1915
Roma

18 Racconti

4.3 min
Vincenzo ha racconta solo nel 1975 dopo essere stato invitato ad una assemblea dell’ANED (Ass. Ex Deportati). Prima, tutte le volte che ci aveva provato aveva sentito o il muro del “non ci pensare” dei colleghi d’ufficio, o la pena per le sofferenze che aveva patito la moglie. E così era rimasto in silenzio.
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5.9 min
Nel 1947 Vincenzo è stato incaricato di organizzare il rientro degli italiani dal Dodecaneso che era ritornato alla Grecia. Gli italiani fra Rodi e le altre isole, erano circa 20mila. Vincenzo si recò a Rodi con la prima nave, organizzò l’esodo, ritornò in Italia con una parte degli italiani e rientrò ad aspettare gli altri che sarebbero arrivati con la nave Toscana.
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2.2 min
Arrivato a Formia, Vincenzo pregò un amico di avvisare la madre ma di farlo con una certa delicatezza. Ancora al ricordo dell’incontro con la madre si commuove. La moglie la trovò la settimana dopo in Calabria dove era sfollata. La bambina aveva già tre anni e c’era un’altra bambina: la moglie quel giorno dell’arresto era incinta e non lo sapeva.
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15.0 min
Il ritorno è stato lungo. Ricorda una valigetta dove aveva la divisa del campo (adesso sta a Via Tasso, un gomitolo di spago, una bustina di aghi per cucire. Ricorda un sacerdote di che gli diede tremila lire, poi il mercatino a Bologna dove cercò di comprarsi un pettine ma non aveva più soldi perché aveva pagato il biglietto e dato il resto ad altri che come lui tornavano a casa, poi Arezzo da un vecchio fornitore del padre, poi la stazione Termini in grandissima confusione. E poi da Roma riuscì a prendere un mezzo e arrivare a Formia.
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17.6 min
Finalmente il giorno dopo arrivò un maggiore americano che si comportava proprio come un cowboy. Sciolse l’equivoco su Vincenzo e lo nominò responsabile per l’organizzazione degli ex deportati tra cui c’erano 72 italiani, tutto quello che rimaneva di un intero battaglio (un battaglione era composto di 700 persone). Con l’aiuto di un carabiniere Vincenzo riuscì a compilare una lista coi nomi e le destinazioni. E finalmente arrivarono dei camion con i quali raggiunsero il confine al Brennero. Vincenzo appena passato il confine, baciò la terra.
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7.9 min
Dopo qualche tempo Vincenzo viene trasferito nel carcere giudiziario di Haag insieme ad altri deportati che avevano un qualche livello di cultura: lo scopo era di isolare dagli altri tutti quegli elementi che potevano organizzare gli altri. Fu un periodo fortunato: il lavoro non era pesante, si trattava in fondo di coltivare l’orto e curare la campagna. E c’era anche una donna tedesca che si era innamorata di Vincenzo e gli portava da mangiare. Il guardiano che aveva perso due figli e odiava il nazismo, ascoltava tutte le sere Radio Londra e informava dell’avanzamento degli alleati. La mattina che entrarono gli americani nel carcere a tutti aprendo le celle dissero siete liberi. Solo a Vincenzo, saputo che era italiano, lo lasciarono in cella prendendo nota del nome. e rinchiusero con lui il vecchio guardiano.
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8.2 min
Il campo si trovava sulle rive del lago Chieem in parte prosciugato, col fondo pieno di torba, dove si coltivavano le carote. Crescevano molto rigogliose ma insieme a loro crescevano anche le erbe infestanti. Il lavoro dei deportati consisteva nell’estirpare l’erba. E quindi tutto il giorno in ginocchio nell’acqua. Cosa che valse a Vincenzo la pleurite. Lo hanno mandato in infermeria per una settimana e poi di nuovo a lavorare, con una caviglia rotta e un piede con le piaghe dagli zoccoli d legno.
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8.3 min
Da Berlino sono andati verso Monaco e finirono in un sottocampo di Dachau. La cella era pulita e dignitosa. Vincenzo il giorno dopo venne avvicinato da un ufficiale con la proposta di unirsi al Reich vista la sua competenza nelle armi. Vincenzo gli sputò in faccia e andò a lavorare alla catena di montaggio per le granate. La sua postazione prevedeva la sigillatura del proiettile. Prima dell’arrivo di Vincenzo da quella fabbrica uscivano tremila cartocci di granate al giorno, con lui quel primo giorno ne uscirono solo ottocento. Fu il suo sabotaggio: si imbrattava le mani in modo che le granate gli scivolassero. Lo mandarono a scaricare gli autocarri ma non si reggeva in piedi.
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7.4 min
Arrivati in treno a Berlino, scatta un allarme aereo. Il vagone venne sganciato e lasciato sui binari con i prigionieri dentro. Dopo un’ora vennero portati in stazione, fatti scendere dal vagone e portati al carcere, in uno scantinato tre piani sottoterra. C’era gente da tutta l’Europa. Nella confusione, Vincenzo sentì che due ragazzi sardi venivano accusati di avere rubato il pane. Vincenzo si mise a difenderli nella sola lingua che conosceva, il francese. Scambiato per un belga, conobbe un esimio professore di fisica dell’università di Liegi che conosceva Enrico Fermi e tutti il gruppo di via Panisperna.
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11.2 min
Uscito dalla segregazione, il primo lavoro che gli viene affidato è di scaricare un camion di mattoni. Vincenzo ne mise sei uno sopra l’altro per sentirsi dire dal guardiano che non era quello il modo: dovevano scaricarli e trasportarli uno alla volta. Il guardiano però lo aveva preso in simpatia, forse perché aveva voglia di chiacchierare e perché Vincenzo, col poco tedesco che capiva, gli rispondeva sempre sì. Così Vincenzo era diventato capogruppo, cosa che ha significato una razione di zuppa in più.
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